C'è crisi di autorità: Autorità o autorevolezza? Commento al Vangelo IV Domenica del T.O.

“Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, a Cafàrnao, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità”. 
Il tema che ci propone oggi la liturgia della Parola della Chiesa, tra le altre cose, punta su un argomento quanto mai attualissimo: l’autorità. 
Gettando subito lo sguardo sull’attuale situazione socio-culturale non faremmo fatica a sostenere che oggi c’è una vera e propria crisi di autorità. Hanno perso la loro autorità naturale i genitori; hanno perso la loro autorità chi governa la cosa pubblica; hanno perso la loro autorità professionale chi ha compiti educativi. C’è crisi di autorità. 
Autorità o autorevolezza? Verrebbe da dire autorevolezza, visto che l’autorità potrebbe richiamare l’idea di una imposizione forzata. Eppure non è così. L’autorevolezza è una logica conseguenza dell’autorità. Ci potrà essere autorevolezza dal momento in cui c’è autorità. Ma l’autorità è espressione di una presa di consapevolezza della propria identità. 
Il problema quindi è proprio lo smarrimento dell’identità. C’è oggi una diffusa e spaventosa crisi identitaria dei diversi ruoli. I genitori hanno snaturato la loro identità in nome di una cultura che impone una revisione di famiglia, per cui non si sa chi è il padre e chi la made, oppure c’è una divisione interna alla famiglia per cui ad un genitore gli tocca fare sia da padre che da madre; i politici hanno perso la loro identità impostando il loro ruolo a servizio di un pensiero di parte e non collettivo, ed è per questo che non solo perdono di credibilità ma le loro parole non hanno un peso autoritario e autorevole, risuonano come boomerang; gli insegnanti hanno perso pure la loro identità confondendosi spesso con gli alunni. Basti pensare al coinvolgimento in cui molti di essi partecipano alle chat di whatsapp o ad un linguaggio che si confonde a quello dei ragazzi; molti sono pure i sacerdoti o quei religiosi che hanno smarrito la loro identità mettendo a nudo le loro fragilità mai rimarginate o squilibrate. 
È necessario oggi recuperare l’intrinseco e fondamentale valore dell’identità e chiedersi: chi sono io? Quale il mio ruolo? Come svolgo il mio servizio? So mantenere le giuste distanze nel momento in cui esercito il mio ruolo? Da questi interrogativi ci si chiede poi se realmente siamo autorità e autorevoli, se la nostra parola e il nostro insegnamento sono conditi dagli ingredienti di un’autorità equilibrata e appassionata, tesa al bene dell’altro e alla sua crescita. 
L’autorità non è mai per esercitare un potere (che non esiste), e nemmeno per imporre chissà cosa, ma per esprimere la propria identità al servizio del prossimo. Gesù col suo insegnamento di autorità e di autorevolezza stupiva la gente, l’affascinava, coinvolgeva i suoi interlocutori, esprimeva ogni atto di bene e di benessere (tanto che scacciava i demoni, cioè liberava i posseduti). 
Anche nella prima lettura della liturgia dell’odierna domenica del tempo ordinario della Chiesa si racconta di un’autorità che Dio conferisce ai suoi profeti, i quali non sono chiamati a proferire parole insensate e soggioganti, ma di bene da parte di Dio stesso. L’autorità biblica è intesa in senso profetico. L’autorità secondo la logica di Dio è ben espressa dal profeta, da chi cioè parla in nome di Dio che proferisce soltanto parole di amore, di bene, di felicità, di gioia, di misericordia, di tenerezza, insieme a determinazione per sconfiggere ogni sorta di male e di malessere, di ingiustizia, di divisione, di ipocrisia, di arroganza, di prepotenza. 
Don Onofrio Farinola

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