Pastorale della Salute News

NOTIZIE (*)

Messaggio del Santo Padre Francesco
per la XXVIII Giornata Mondiale del Malato
11 febbraio 2020

«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi,
e io vi darò ristoro» (Mt 11, 28)

Dal Vaticano, 3 gennaio 2020
Memoria del SS. Nome di Gesù


Messaggio del Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale per la 66.ma Giornata Mondiale di Lotta alla Lebbra


29 gennaio 2019

Ai Presidenti delle Conferenze Episcopali,
Ai Vescovi incaricati per la pastorale della salute,
Ai Religiosi e alle Religiose,
Agli operatori sociali, sanitari e pastorali,
Ai volontari e alle persone di buona volontà,

“Porre fine a discriminazione, 
stigmatizzazione e pregiudizio”

La comunità medica e la società hanno conosciuto negli ultimi anni grandi progressi nella cura delle persone malate di lebbra o morbo di Hansen. La diagnosi è migliorata e molti trattamenti sono più accessibili che in precedenza, tuttavia “questa malattia purtroppo colpisce ancora soprattutto le persone più disagiate e più povere.” [1] Oltre 200 mila nuovi casi del morbo di Hansen sono registrati ogni anno, il 94% in 13 diversi paesi. [2] “È importante”, ha dichiarato Papa Francesco, “mantenere viva la solidarietà con questi fratelli e sorelle, rimasti invalidi a seguito di questo morbo.” [3] Gesù è stato per noi un modello per questo tipo di cura. Ciò che muoveva Cristo nel profondo nell’incontro con i lebbrosi deve ora ispirarci tutti, nella Chiesa e nella società. Una terapia multifarmacologica e centri clinici specializzati hanno dimostrato la loro efficacia nel trattare questa malattia, tuttavia “nessuna istituzione può da sola rimpiazzare il cuore o la compassione umana, nel momento in cui bisogna andare incontro alla sofferenza dell’altro.” [4]

Il tema di quest’anno per la Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra, “Porre fine a discriminazione, stigmatizzazione e pregiudizio”, ci insegna chiaramente che uno dei bisogni fondamentali nelle vite di coloro che sperimentano questa malattia devastante è l’amore. Papa Francesco, riflettendo sulla guarigione del lebbroso a opera di Gesù, nel Vangelo secondo Marco (Mc 1:40-45), indica il potere e l’efficacia di Dio nel venire incontro al nostro desiderio più profondo di essere amati e accuditi. “La misericordia di Dio”, ci ricorda, “supera ogni barriera e la mano di Gesù tocca” il lebbroso. Il Medico Divino non perde tempo a diagnosticare i malanni che ci affliggono ma desidera soltanto farsi prossimo e curarli avvicinandosi a noi. “Egli non si pone a distanza di sicurezza”, continua Francesco, “e non agisce per delega, ma si espone direttamente al contagio del nostro male.” [5]

Quest’anno si celebra il decimo anniversario della canonizzazione di San Damiano de Veuster. Nato a Tremelo, in Belgio, nel 1840, fu ordinato sacerdote per la Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e Maria. Il suo zelo missionario lo portò a servire l’isolata comunità di lebbrosi dell’Isola di Molokai, alle Hawaii. Attento all’ispirazione del suo cuore e alle necessità della gente che serviva, Damiano scelse di rimanere sull’isola e in seguito contrasse anche lui la malattia. Predicava il Vangelo della misericordia a una comunità alla quale di solito ci si rivolgeva da una certa distanza, mostrando la vicinanza di Dio a “Noi lebbrosi”. Morì sull’Isola di Molokai nel 1889, dopo 16 anni di compassionevole cura che rivelava il volto di Cristo a coloro che serviva. In Evangelii Gaudium, Papa Francesco si rivolge all’attitudine umana ad abbracciare “un eccesso di attivismo” quando si tratta di servire il povero e i bisognosi. Quello che Dio vuole da ognuno di noi, spiega, è “un’attenzione rivolta all’altro, considerandolo come un’unica cosa con se stesso.” [6] Ciò di cui oggi abbiamo bisogno è “la grazia di fare una cultura dell’incontro, di questo incontro fecondo, di questo incontro che restituisca a ogni persona la propria dignità di figlio di Dio, la dignità di vivere.” [7]

Alla profonda conversione di San Francesco d’Assisi contribuì un incontro pieno di grazia con un lebbroso. Alla fine si occupò di quella persona—il lebbroso figura de Cristo crocifisso—la aiutò e la baciò. Ogni vero incontro ha il potere di riportare vita e speranza. A un livello pratico, ci sono molti modi nei quali quest’incontro con i malati di lebbra può essere agevolato. Le nostre istituzioni mediche e i sistemi locali di assistenza sanitaria, collaborando con le agenzie governative e le ONG, possono aiutare a creare alleanze che avranno effetti a lungo termine sulle persone colpite da questa malattia. Non sarà uno sforzo individuale a provocare la necessaria trasformazione di coloro che combattono con la lebbra, bensì un lavoro condiviso di comunione e solidarietà.

Un altro passo fondamentale sulla via del progresso è la costruzione della consapevolezza, specialmente in quei paesi in cui la lebbra è una malattia endemica. Qui il potere dell’educazione e il contributo dell’accademia delle scienze può fare molto per assistere le persone alle quali è stata diagnosticata la lebbra nella ricerca di una soluzione e per aiutare le nostre comunità a tendere una mano benevola e accogliente. Dio benedice sempre questa collaborazione e i benefici per i malati sono tangibili.

Infine, le comunità stesse devono sforzarsi continuamente di eliminare “discriminazione, stigmatizzazione e pregiudizio”, lavorando alla completa integrazione della persona in tutte le sue dimensioni fisiche e spirituali. Parlando della grande necessità di sviluppo a livello globale, San Paolo VI parlò di uno sviluppo “di tutto l’uomo e di tutti gli uomini”. [8] Quando i lebbrosi trovano cure cliniche, meritano di ricevere un sguardo di amore, di fratellanza, e dunque trovare anche accettazione sociale in accordo con la loro dignità spirituale, così lo sviluppo umano integrale troverà la sua più pura espressione in una guarigione autentica.

Esprimo la mia più profonda gratitudine a tutti coloro che lavorano in modo infaticabile per assistere le persone afflitte da lebbra e che forniscono un sollievo così efficace ai malati. Il supporto finanziario di molti, assieme ai numerosi contributi della scienza e della ricerca hanno portato anche speranza e assistenza a moltissime persone afflitte da questa malattia. Possa la potente intercessione della Beata Vergine Maria, Salute degli infermi, restare con noi mentre cerchiamo di sconfiggere la malattia di Hansen, così come la stigmatizzazione, discriminazione e il pregiudizio in tutte le sue forme.

Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson
Prefetto

____________________
[1] Papa Francesco, Angelus, 28 gennaio 2018. [2] Organizzazione Mondiale della Sanità, “Strategia Globale per la Lebbra 2016-2020”, 3. [3] Papa Francesco, Angelus, 31 gennaio 2016. [4] Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, “Nuova Carta per gli Operatori Sanitari”,3. [5] Papa Francesco, Angelus, 15 febbraio 2015. [6] Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 199. [7] Papa Francesco, “Meditazioni quotidiane nella Cappella della Casa Santa Marta”, 13 settembre 2016. [8] Papa Paolo VI, Populorum Progressio, 42.

Lettera di Papa Francesco alla Pontificia Accademia per la Vita 
nel 25.mo di Fondazione

15 gennaio 2019

"La relazione tra l’uomo e la donna costituisce il luogo eminente in cui l’intera creazione diventa interlocutrice di Dio e testimone del suo amore. La famiglia umana è una comunità di origine e di destinazione. In questo nostro tempo, la Chiesa è chiamata a rilanciare con forza l’umanesimo della vita che erompe da questa passione di Dio per la creatura umana. L’impegno a comprendere, promuovere e difendere la vita di ogni essere umano prende slancio da questo incondizionato amore di Dio". Lo scrive il Papa, nella lettera inviata a Monsignor Vincenzo Paglia in occasione del XXV anniversario della fondazione della Pontificia Accademia per la Vita.


Sanità cattolica. Don Angelelli (Cei): “Fare rete e convergere. In arrivo un documento pastorale e uno interreligioso sul fine vita”


27 novembre 2018

Capacità di convergere su progetti condivisi. Questa la parola d’ordine rilanciata oggi da don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei, all’indomani del convegno nazionale “Chiesa italiana e salute mentale 2” e in occasione dell’Assemblea generale d’autunno dell’ Aris (Associazione religiosa istituti sociosanitari) che si è aperta questa mattina a Roma. Il sacerdote mette in luce i temi “caldi” e traccia prospettive e linee di lavoro dei prossimi mesi.

“Non ci devono essere concorrenze nell’azione pastorale ma dobbiamo essere capaci di convergere su alcuni progetti comuni.


Papa Francesco: se una persona si sente amata, l’ombra negativa dell’eutanasia scompare; 
discorso ai partecipanti 
al IV Seminario sull’Etica nella gestione della Salute

La fiducia del paziente di poter guarire e l’attenzione al malato come ad un fratello che soffre. Su questi aspetti si sofferma il Papa nel discorso ai 70 partecipanti al IV Seminario sull'Etica nella gestione della Salute, ricevuti oggi in udienza. Serve, infatti, un legame di profonda umanità fra gli operatori sanitari e i pazienti.


Se una persona si sente amata, “l’ombra negativa dell’eutanasia” scompare o diviene quasi inesistente. Lo ha detto il Papa ai circa 70 partecipanti al IV Seminario sull’Etica nella gestione della Salute, ricevuti stamani in udienza in Vaticano. Nel discorso in spagnolo il Papa saluta mons. Alberto Bochatey, vescovo ausiliare di La Plata, presidente della Commissione Sanitaria della Conferenza episcopale argentina e direttore generale di questa attività,  Cristian Mazza, presidente della Fondazione Salute di Consenso, e gli enti che rappresentano, per l'opportunità di questo Seminario, organizzato sotto l'egida della Pontificia Accademia per la Vita. L'incontro si apre oggi in Vaticano e durerà fino al 5 ottobre. 

Nel malato un volto che soffre

Tre le parole attorno a cui ruota il discorso del Papa: miracolo, cura e fiducia. Il mondo della salute in generale, e particolarmente in America Latina, vive un’epoca segnata dalla crisi economica e le difficoltà nell’accesso alle terapie e ai farmaci possono far cadere nello scoraggiamento, rileva il Papa. 

Ma se è vero che il rapporto costi-benefici implica una distribuzione delle risorse, il Papa invita a trovare nel malato, un fratello. Una consapevolezza che, se non può da sola sciogliere tutti i problemi, può però portare ad un cambiamento di mentalità. In questo modo, le soluzioni possono essere sviluppate attraverso una combinazione di pubblico e privato, legislazione ed etica, giustizia sociale e imprenditorialità. Il principio ispiratore “non è un ideale astratto” ma una persona concreta , un volto che spesso soffre. “Siate coraggiosi e generosi” nell'uso di mezzi economici e tecno-scientifici, esorta il Papa, perché “coloro che ne beneficiano, specialmente i più poveri, apprezzeranno i vostri sforzi e le vostre iniziative”.

Con accompagnamento, scompare ombra eutanasia

Ci vuole poi attenzione perché la cura dei malati non consiste semplicemente nell’applicazione asettica di farmaci e non si limita solo al ripristino della salute. Questo è evidente nelle cure palliative. “Stiamo vivendo quasi universalmente una forte tendenza alla legalizzazione dell'eutanasia”, evidenzia il Papa ma – prosegue – “sappiamo che quando viene fatto un accompagnamento umano sereno e partecipativo, il paziente cronico grave o il paziente malato terminale percepisce questa sollecitudine”. E quindi “anche in queste dure circostanze, se la persona si sente amata, rispettata, accettata, l'ombra negativa dell'eutanasia scompare o diventa quasi inesistente, perché il valore del suo essere si misura dalla sua capacità di dare e ricevere amore, non dalla sua produttività”. 

Gli operatori sanitari, quindi, si devono impegnare in un continuo aggiornamento delle competenze per poter rispondere alla loro vocazione di “ministri della salute” e in questo ambito la “Nuova Carta degli Agenti sanitari” è uno strumento utile, indica Francesco.

Fiducia del paziente di poter guarire

Serve poi la fiducia del paziente in se stesso e nella possibilità di guarire. Qui c’è gran parte del successo della terapia. Ma è anche importante che gli operatori possano svolgere il loro lavoro in un ambiente di serenità. Il Papa mette anche in guardia dal rischio che, per la complessità del sistema sanitario, i “termini del  contratto” siano quelli che stabiliscono il rapporto fra l’operatore sanitario e il paziente e così si rompa la fiducia. Il Papa chiede invece lo sforzo di mantenere questo legame di profonda umanità nella sua integrità per cui il rapporto con il paziente esige il rispetto della sua autonomia e attenzione, comprensione e dialogo per essere espressione di un impegno assunto come servizio. Il suo incoraggiamento è quello che ciascuno abbia quella prudenza, quell’amore e quella vicinanza al malato per poter compiere il proprio dovere con grande umanità.


https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2018-10/papa-francesco-etica
salute.html#.W7IQ0o2IOzw.facebook


Papa Francesco: "Profondo e oggettivo discernimento del valore della vita personale e comunitaria"  

Udienza ai partecipanti all’Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’incontro:



IL PAPA AI MEDICI CATTOLICI
«Dovete difendere la coscienza, assicurare il diritto alla vita e contrastare la tendenza tecnocratica a svilire l’uomo malato a macchina da riparare»


28 maggio 2018

Pubblichiamo il testo integrale del discorso che papa Francesco ha rivolto il 28 maggio alla delegazione della Federazione internazionale delle associazioni dei medici cattolici ricevuta in udienza in Vaticano.
Fonte: Vatican News


Cari fratelli e sorelle,

sono lieto di accogliervi e di rivolgere il mio saluto a voi tutti, ad iniziare dal Presidente, Dott. John Lee, che ringrazio per le sue parole.

La vostra qualifica di “medici cattolici” vi impegna ad una permanente formazione spirituale, morale e bioetica al fine di mettere in atto i principi evangelici nella pratica medica, partendo dal rapporto medico-paziente fino ad arrivare all’attività missionaria per migliorare le condizioni di salute delle popolazioni nelle periferie del mondo. La vostra opera è una forma peculiare di solidarietà umana e di testimonianza cristiana; il vostro lavoro, infatti, è arricchito con lo spirito di fede. Ed è importante che le vostre associazioni si impegnino per sensibilizzare a tali principi gli studenti di medicina e i giovani medici, coinvolgendoli nelle attività associative.

L’identità cattolica non compromette la vostra collaborazione con coloro che, in una diversa prospettiva religiosa o senza un credo specifico, riconoscono la dignità e l’eccellenza della persona umana quale criterio della loro attività. La Chiesa è per la vita, e la sua preoccupazione è che nulla sia contro la vita nella realtà di una esistenza concreta, per quanto debole o priva di difese, per quanto non sviluppata o poco avanzata. Essere medici cattolici, quindi, è sentirsi operatori sanitari che dalla fede e dalla comunione con la Chiesa ricevono l’impulso per rendere sempre più matura la propria formazione cristiana e professionale, infaticabile la propria dedizione, inesauribile il bisogno di penetrare e conoscere le leggi della natura per meglio servire la vita (cfr Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 24).

Sono note la fedeltà e la coerenza con cui le Associazioni della vostra Federazione, nel corso degli anni, hanno tenuto fede alla propria fisionomia cattolica, attuando l’insegnamento della Chiesa e le direttive del suo Magistero nel campo medico-morale. Questo criterio di riconoscimento e di azione ha favorito la vostra collaborazione alla missione della Chiesa nel promuovere e difendere la vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale, la qualità dell’esistenza, il rispetto dei più deboli, l’umanizzazione della medicina e la sua piena socializzazione.

Questa fedeltà ha richiesto e richiede fatiche e difficoltà che, in particolari circostanze, possono esigere molto coraggio. Continuate con serenità e determinazione su questa strada, accompagnando gli interventi magisteriali negli ambiti della medicina con una corrispondente consapevolezza delle loro implicazioni morali. Anche il campo della medicina e della sanità, infatti, non è stato risparmiato dall’avanzata del paradigma culturale tecnocratico, dall’adorazione del potere umano senza limiti e da un relativismo pratico, in cui tutto diventa irrilevante se non serve ai propri interessi (cfr Lett. enc. Laudato si’, 122).

«INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA, FINE-VITA E MEDICINA GENETICA: NON SIATE SOLO ESECUTORI DELLA VOLONTÀ DEL MALATO O DEL SISTEMA»
Di fronte a questa situazione, voi siete chiamati ad affermare la centralità del malato come persona e la sua dignità con i suoi inalienabili diritti, in primis il diritto alla vita. Va contrastata la tendenza a svilire l’uomo malato a macchina da riparare, senza rispetto per principi morali, e a sfruttare i più deboli scartando quanto non corrisponde all’ideologia dell’efficienza e del profitto. La difesa della dimensione personale del malato è essenziale per l’umanizzazione della medicina, nel senso anche della “ecologia umana”.

Sia vostra cura impegnarvi nei rispettivi Paesi e a livello internazionale, intervenendo in ambienti specialistici ma anche nelle discussioni che riguardano le legislazioni su temi etici sensibili, come ad esempio l’interruzione di gravidanza, il fine-vita e la medicina genetica. Non manchi la vostra sollecitudine anche a difesa della libertà di coscienza, dei medici e di tutti gli operatori sanitari. Non è accettabile che il vostro ruolo venga ridotto a quello di semplice esecutore della volontà del malato o delle esigenze del sistema sanitario in cui lavorate.

Nel vostro prossimo congresso, che si terrà a Zagabria tra pochi giorni, rifletterete sul tema “Santità della vita e professione medica, dall’Humanae vitae alla Laudato si’”. Anche questo è segno della vostra partecipazione concreta alla vita e alla missione della Chiesa. Tale partecipazione – come ha sottolineato il Concilio Vaticano II – è «talmente necessaria che, senza di essa, lo stesso apostolato dei Pastori non può per lo più raggiungere la sua piena efficacia» (Decr. Apostolicam actuositatem, 10). Siate sempre più consapevoli che oggi è necessario e urgente che l’azione del medico cattolico si presenti con carattere di inconfondibile chiarezza sul piano della testimonianza sia personale che associativa.

A tale proposito, è auspicabile che le attività delle Associazioni dei medici cattolici siano interdisciplinari e coinvolgano anche altre realtà ecclesiali. In particolare, sappiate armonizzare i vostri sforzi con quelli dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose e di tutti gli operatori della pastorale sanitaria, ponendovi insieme con loro accanto alle persone che soffrono: esse hanno grande bisogno dell’apporto vostro e loro. Siate ministri, oltre che di cure, di fraterna carità, trasmettendo a quanti avvicinate, con l’apporto delle vostre conoscenze, ricchezza di umanità e di compassione evangelica.

Cari fratelli e sorelle, in tanti guardano a voi e alla vostra opera. Le vostre parole, i vostri gesti, i vostri consigli, le vostre scelte hanno un’eco che travalica il campo strettamente professionale e diventa, se coerente, testimonianza di fede vissuta. La professione assurge così alla dignità di vero e proprio apostolato. Vi incoraggio a proseguire con gioia e generosità il cammino associativo, in collaborazione con tutte le persone e le istituzioni che condividono l’amore alla vita e si adoperano per servirla nella sua dignità e sacralità. La Vergine Maria, Salus infirmorum, sostenga i vostri propositi, che accompagno con la mia Benedizione. E, per favore, pregate anche per me. Grazie.


Dat. In vigore il biotestamento: rendere chiara una legge nata grigia

Giuseppe Anzani mercoledì 31 gennaio 2018

Applicare la legge sulle Dat con onestà, rispetto e coraggio. Non si faccia dire alle nuove regole ciò che non dicono.

Ci sono leggi chiare (poche), che si capisce subito cosa vogliono dire. Ci sono leggi oscure, che neanche a leggerle tante volte si è sicuri di capirle. Ci sono leggi bianche (o nere) e leggi grigie. Sulle leggi bianche o nere si forma rapidamente una lettura condivisa. Sulle leggi grigie le divergenze incombono sempre. La legge sulle Dat (le Disposizioni anticipate di trattamento), che oggi entra in vigore, è una legge grigia. La lettura delle leggi è affare di tutti. Ma quando fra i cittadini insorgono conflitti, ciascuno leggendo le cose a modo suo fino alla zuffa, si va da un giudice. I giudici, soggetti 'solo' alla legge, ne sono i lettori ufficiali designati. E devono per forza dire se la soluzione è bianca o nera. Ma siccome il grigio è grigio, sul tavolo irrompe l’armamentario dell’interpretazione. Allora si distingue quella letterale da quella teleologica, e poi c’è quella sistematica, e quella evolutiva, e quella 'costituzionalmente orientata' (trascurando altre varianti creative). A uniformare le letture ci sarebbe la Cassazione; ma anche lì dentro abitano lettori diversamente leggenti, sicché d’una legge grigia può uscire nella stessa settimana una lettura bianca e una lettura nera. Non faccio ironie: è un lavoro difficile. Penso però che se nella società intera si formano e solidificano 'opinioni giuridiche comuni' possono avere il loro peso.

Perché dico questo, a proposito delle Dat? Perché nella fase di discussione e confezione della legge si sono enfatizzate, sui due versanti, tesi e valutazioni che poi, a cose fatte, possono generare effetti contrari agli scopi ripromessi. Mi spiego: quelli che volevano a tutti i costi forzare l’approvazione delle Dat si sono sgolati a dire che l’eutanasia non c’entrava, che si trattava di rispetto del diritto soggettivo di dare o negare consenso alle terapie, senza subire le decisioni altrui: macché suicidi, macché abbandoni. Quelli che non volevano le Dat si sono sbracciati a dire che con quel testo si abbandonavano i malati alla morte, e persino si collaborava alla loro soppressione, anche per fame e sete. Cioè l’eutanasia, suicidio assistito e derive peggiori. Adesso che la legge è legge, i suoi fan potrebbero avere buon gioco a sostenerne una lettura davvero eutanasica, proprio allegando gli argomenti degli avversari: «L’avete detto voi, e continuate a dirlo, che il testo di questa legge ammette l’eutanasia. Dunque, adesso che vogliamo praticarla, essendo legge, di che cosa ci incolpate?». Viceversa, il fronte contrario può dire: «Ci avete riempito le orecchie di assicurazioni e scongiuri che questa legge non introduce affatto l’eutanasia. E allora, applichiamola nel verso giusto, in difesa e rispetto della vita umana e della umanità del morire». Di tutte le sigle interpretative, quella che mi è sempre parsa corretta, per ogni norma, è quella che amo chiamare 'lettura onesta', senza forzature. Ma di lì in poi, potendo, ne cerco la sua compatibile versione indirizzata al bene, piuttosto che al male. E il peggio sarebbe che a furia di gridare che questa legge distrugge l’alleanza terapeutica e sdogana l’eutanasia e trasformerà gli ospedali in pre-cimiteri, la gente se ne convinca e la giurisprudenza segua l’evoluzione. Se invece si valorizza che l’incontro tra l’ autonomia decisionale del paziente (mi piacerebbe chiamarla 'libertà responsabile'; ma ora metto in corsivo le parole della legge) e la competenza , l’autonomia professionale e la responsabilità del medico si chiama 'relazione di cura e di fiducia' si potrà recuperare nella pianificazione condivisa delle cure quella 'alleanza terapeutica' non più nominata e a rischio di smarrimento.

Il bianco può risaltare sul grigio, se sta in forte luce che alle Dat compete rispetto ma non meccanica obbedienza, (rifiutabile quando sono incongrue). E agli ospedali è chiesto di attuare « i princìpi » della legge; e i princìpi, scritti in cima, se le parole non si fanno bugiarde, sono «il diritto alla vita, alla salute, alla dignità» prima di tutto; sicché il problema dell’obiezione di coscienza potrebbe risolversi da sé in una implicita ammissione 'de plano', non solo per il medico e la sua équipe ma anche per gli ospedali cattolici (e non solo) che tengono a cuore la cura dei malati come missione evangelica di carità, e non possono certamente cooperare a pratiche eutanasiche. I princìpi infatti comprendono sì l’ autodeterminazione della persona, ma questa si esprime nel consenso libero e informato, non certo in prenotazione di gesti di morte o d’abbandono, che l’ospedale 'coscienzioso' non potrebbe mai accogliere. Di obiezione implicita si è parlato del resto anche prima del varo della legge; e dalla sede ministeriale è venuta assicurazione di interventi intesi a far salve le ragioni di coscienza. Per medici e per ospedali. Ragioni che del resto hanno per loro natura una protezione di rango costituzionale, e internazionale, a livello dei 'diritti umani'.

Dunque schiarire la legge grigia è possibile. Non le si faccia dire, ora che c’è, il peggio di ciò che non dice. Se c’è una lettura in bonam partem vediamo come si può tenerla a guida nel suo massimo grado. Qualche esempio, se occorre. Uno dei punti più scottanti di potenziale contrasto fra l’autodeterminazione del paziente e la coscienza del medico è l’interruzione di terapie di sostentamento vitale (ivi ricondotte ex lege anche l’idratazione e l’alimentazione). Poniamo che ciò venga richiesto da un paziente vigile, competente, ma non in grado di togliere da sé il sostegno che lo tiene in vita; e che al medico sia chiesto di 'staccare la spina'; e che in coscienza non possa obbedire. Dice la legge che il malato può dare o negare consenso sia prima (rifiuto, a costo di morire) sia dopo (rinuncia, sapendo di farsi morire): ma mentre nel primo caso il medico è inerte, nel secondo gli è chiesta un’azione da cui deriva la morte. Una sentenza del luglio 2007 del Gup di Roma l’ha chiamato omicidio del consenziente, pur scriminando l’autore. Una risoluzione del Comitato nazionale per la bioetica dell’ottobre 2008 ha stabilito che il medico (come pure la sua équipe) ha il «diritto di astenersi da simili condotte». Penso che ciò resti un punto fermo, dato che la legge esclude l’esigibilità di condotte contrarie a legge, a deontologia, a clinica assistenziale. L’obiezione di coscienza qui è in re ipsa. Ci mancherebbe altro, scriminato l’omicidio del consenziente, di incriminare il 'mancato omicidio'. Ciò vale naturalmente per tutto l’ospedale, per ogni operatore.

Altro esempio. Ha commosso il mondo la vicenda di Inès in Francia, cui la 'giustizia' persino della Cedu (la Corte europea dei diritti umani) ha negato le cure. In Italia non potrebbe finire così, perché il rifiuto delle terapie invocate a costo di morte non può mai provenire dai medici, il cui soccorso si ferma solo alla soglia del trattamento sproporzionato e inutile (accanimento), e nei soli casi terminali. Si eviti dunque di lasciar prevalere, ora che la legge va in vigore fatta così (e non piace), le letture interpretative in malam partem . Si legga con qualche onesto coraggio, e non a guisa di sconfitti senza risorse. Questo non vuol dire far pace con i suoi aspetti negativi da correggere; non vuol dire rassegnarsi alla sua nebbia per restare nella nebbia. Ma diradarla, frattanto, più che si può, tenendo i fari accesi sulla dignità delle persone umane e della vita. Restando fedeli alla coscienza e alla carità del Vangelo, come linee-guida dell’agire per il bene. Augurandoci che chi dovrà risolvere i conflitti, guidare nella nebbia, decidendo il giusto o ciò che par giusto, non vada a sbattere per anemia etica o per difetto d’amore. E senza che l’ideologia ammiccante alle preferenze funeree la renda una guida 'in stato di ebbrezza'




Messaggio del Santo Padre ai partecipanti alla XXXII Conferenza Internazionale sul tema “Affrontare le disparità globali in materia di salute” (Aula Nuova del Sinodo, 16-18 novembre 2017), 18.11.2017

http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2017/11/18/0802/01731.html


PASTORALE DELLE SALUTE don Angelelli (Cei), “le giovani generazioni sono preziose e devono essere protette, salvaguardate, difese”

“Le giovani generazioni sono fragili”. È partito da questa constatazione la riflessione di don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale della salute che ha aperto oggi il convegno Aipas su “#Giovani, #Fede, #Malattia”. “Fragili non significa ‘difettosi’: sono generazioni preziose che devono essere protette, salvaguardate, difese” ha spiegato, nell’inquadrare il rapporto tra i giovani e la sofferenza. Citando Eugenio Borgna – la fragilità è una “virtù dimenticata” – e il rischio di derive come gli Hikikomori, gli adolescenti giapponesi che decidono di vivere nelle loro stanze ipertecnologiche e non si relazionano più con l’esterno, ma anche il rischio che i genitori, invece di accompagnare questa fase di sviluppo, cerchino loro stessi di regredire alla fase giovanilistica, il sacerdote ha disegnato un quadro in cui “tutti pensano di essere sufficientemente adulti per affrontare la vita, nessuno ne ha gli strumenti necessari” e ha illustrato il “Percorso Build my Life” realizzato a Tor Vergata, dove si insegna ai giovani a “mettere un mattoncino ogni giorno, avendo uno schema generale in testa, ma sopportando la fatica del costruire, ogni giorno, una parte del progetto”. Il segreto consiste nel non dare obiettivi ma un metodo “quello del costruire. Con tutto ciò che questo comporta”, ha detto don Angelelli, spiegando che oggi ci sono circa 15 giovani in cammino e con il nuovo anno accademico altri si stanno affacciando. “La dimensione comunitaria è fondamentale – ha commentato – per insegnare loro a costruire delle relazioni solide”.
#giovani #malati #salute
Da Sir Informazione Religiosa 9 ottobre 2017


Don Massimo Angelelli è il nuovo Direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute

Il Consiglio Episcopale Permanente della CEI ha nominato don Massimo Angelelli, finora cappellano al Policlinico Universitario Tor Vergata di Roma, nuovo Direttore dell'Ufficio.

Don Massimo Angelelli, della diocesi di Roma e finora cappellano del Policlinico Universitario Tor Vergata, è il nuovo Direttore dell'Ufficio Nazionale per la pastorale della salute. Succede a don Carmine Arice eletto Superiore Generale della Società dei Sacerdoti del Cottolengo e Padre della Piccola Casa della Divina Provvidenza.
28 settembre 2017

Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti all'assemblea generale dei membri della Pontificia Accademia per la Vita

Giovedì, 5 ottobre 2017
NUOVE NOMINE PER LA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA
13 giugno 2017
Il Papa ha nominato membri ordinari della Pontificia Accademia per la Vita:

Prof.ssa Etsuko AKIBA, Professoressa di Diritto presso la Facoltà di Economia dell'Università di Toyama (Giappone);
Prof. Carl Albert ANDERSON, Supremo Cavaliere dei Cavalieri di Colombo, Professore e Vice Preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia nella Sezione degli Stati Uniti d'America, Washington (Stati Uniti d'America);
Prof. Niggel BIGGAR, Professore di Morale e di Teologia Pastorale e Direttore del McDonald Center for Theology, Ethics and Public Life, presso l'Università di Oxford (Gran Bretagna);
Ecc.mo Mons. Alberto Germán BOCHATEY, Vescovo tit. di Monte di Mauritania, Ausiliare di La Plata, Professore di Bioetica e Vice Cancelliere della Università Cattolica di La Plata (Argentina);
Rev.do Sac. Maurizio CHIODI, Docente di Teologia Morale Fondamentale presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose in Bergamo e presso la Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale in Milano, Assistente del Centro Volontari della Sofferenza di Bergamo (Italia);
Ecc.mo Mons. Fernando Natalio CHOMALÍ GARIB, Arcivescovo di Concepción, Professore di Antropologia Teologica e di Bioetica presso il Centro di Bioetica della Pontificia Università Cattolica di Santiago del Cile (Cile);
Rev.do Sac. Roberto COLOMBO, Professore di Neurobiologia e Genetica Umana, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, Direttore del Centro per lo Studio delle Malattie Ereditarie Rare, Ospedale Niguarda Ca' Granda, Milano (Italia);
Prof. Francesco D'AGOSTINO, Professore di Filosofia del Diritto nella Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Tor Vergata in Roma; Presidente onorario del Comitato Nazionale per la Bioetica; Presidente del Comitato Etico Centrale della Regione Lazio (Italia);
Prof. Bruno DALLAPICCOLA, Direttore Scientifico dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù ‑ IRCCS in Roma, Membro del Comitato Nazionale per la Bioetica ‑ CNB e del Gruppo Misto CNB ‑ Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita, Membro del Consiglio Superiore di Sanità (Italia);
Prof. Jokin DE IRALA ESTÉVEZ, Professore di Epidemiologia e Salute Pubblica e Coordinatore del Progetto Interdisciplinare Educazione della Affettività e Sessualità Umana presso l'Università di Navarra (Spagna);
Em.mo Sig. Card. Willem Jacobus EIJK, Arcivescovo di Utrecht (Paesi Bassi);
Prof. Abdel Messih Shehata FARAG MOUNIR, Direttore dell'Istituto San Giuseppe pro‑Vita e pro‑Famiglia, Il Cairo (Egitto);
Ecc.mo Mons. Anthony Colin FISHER, Arcivescovo di Sydney, Professore di Bioetica e Teologia Morale al John Paul II Institute for Marriage and Family in Melbourne (Australia);
Dott.ssa Kathleen M. FOLEY, Neurologa, Direttrice del Dipartimento di Neurologia presso il Memorial Sloan-Kattering Cancer Center e il The New York Hospital (Stati Uniti d'America);
Rev.do Sac. Aníbal GIL LOPES, Professore di Fisiologia presso l'Istituto di Biofisica Carlos Chagas Filho dell'Università Federale di Rio de Janeiro (Brasile);
Prof.ssa Alicja GRZE_KOWIAK, Professoressa emerita di Diritto Penale presso l'Università Cattolica di Lublino (Polonia), Professoressa della Kujawsko‑Pomorska Szkoa Wysza (Polonia);
Dott. Rodrigo GUERRA LÓPEZ, Professore di Filosofia e Presidente del Consiglio Superiore del Centro de Investigación Social Avanzada ‑ CISAV (Messico);
Prof. John M. HAAS, Presidente del National Catholic Bioethics Center in Philadelphia (Stati Uniti d'America); Prof. Mohamed HADDAD, Professore di Civilizzazione Araba e Religioni comparate presso l'Università di Carthage ‑ Istituto Superiore di Lingue in Tunisi (Tunisia);
Prof. Ignatius John KEOWN, Professore di Etica Cristiana presso la Georgetown University (Stati Uniti d'America);
Prof. Kostantinos KORNARAKIS, Professore di Etica Cristiana (Spiritualità Ortodossa) presso la Facoltà di Teologia della National and Kapodistrian University di Atene (Grecia);
Prof.ssa Katarina LE BLANC, Professoressa della Divisione di Immunologia Clinica e Medicina della Trasfusione del Karolinska Institutet di Stoccolma e Senior Consultant del Centro di Ematologia presso la Karolinska University Hospital Huddinge (Svezia);
Prof. Alain F. G. LEJEUNE, Professore di Diritto Farmaceutico e Deontologia all'Università Cattolica di Lovanio (Belgio), Membro dell'Accademia Nazionale Francese di Farmacia e Segretario della Commissione Etica;
Prof. Jean‑Marie LE MÉNÉ, Professore, Fondatore e Presidente della Fondation Jérôme Lejeune di Parigi (Francia);
Dott.ssa Mónica LÓPEZ BARAHONA, Direttore Accademico Generale dello Biosciences Studies Centre; Presidente della Delegazione spagnola della Fondazione Jérôme Lejeune; Direttore della Cattedra di Bioetica Jérôme Lejeune, Madrid (Spagna);
Prof. Ivan LUTS, Direttore del Collegio Medico, Scuola Medica di Leopoli; Presidente dell'Associazione dei Medici Cattolici (Ucraina);
Prof. Manfred LÜTZ, Primario di Psichiatria all'Ospedale Alexanier Infirmary di Colonia (Rep. Fed. di Germania);
Ecc.mo Mons. Daniel NLANDU MAYI, Vescovo di Matadi, Presidente del Consiglio di Amministrazione del Servizio Diocesano dell'Educazione alla Vita, Membro del Consiglio di Amministrazione dell'Università del Congo, Kinshasa (Rep. Dem. del Congo);
Prof.ssa Anne‑Marie PELLETIER, Professoressa di S. Scrittura, Bibbia e Liturgia presso l'École Cathédrale e lo Studium de la Faculté Notre Dame del Seminario di Parigi, Professoressa di Antropologia Filosofica e Biblica allo Studium Théologique Inter‑monastères (Francia);
Prof. Adriano PESSINA, Professore di Filosofia Morale e Direttore del Centro di Ateneo di Bioetica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano (Italia);
Rev.do Mons. Luño Ángel RODRÍGUEZ, Professore di Teologia Morale Fondamentale presso la Pontificia Università della Santa Croce in Roma (Italia);
Prof. Alejandro César SERANI MERLO, Professore e Ricercatore presso il Centro di Bioetica e la Facoltà di Medicina della Pontificia Universidad Católica de Chile di Santiago del Cile (Cile);
Ecc.mo Mons. Noël SIMARD, Vescovo di Valleyfield, Portavoce della Conferenza Episcopale Canadese dei Vescovi di lingua francese per le questioni di Bioetica riguardanti specialmente l'eutanasia (Canada);
Rev.do P. Jacques Koudoubi SIMPORÉ, M.I., Rettore dell'Università S. Tommaso d'Aquino e Direttore del Centro di Ricerca Biomolecolare Pietro Annigoni in Ouagadougou (Burkina Faso);
Prof. Avraham STEINBERG, Direttore dell'Unità di Etica della Medicina presso lo Shaare Zedek Medical Center di Gerusalemme, Direttore del Comitato Editoriale della Talmudic Encyclopedia (Israele);
Prof. Jaroslav ŠTURMA, Professore della Facoltà di Filosofia e Teologia Cattolica presso la Charles University di Praga, Direttore del Centro per lo Sviluppo del Bambino Sunbeam di Praga (Rep. Ceca);
Prof. William F. SULLIVAN, Docente presso il Dipartimento di Medicina della Famiglia e della Comunità, Facoltà di Medicina dell'Università di Toronto, Presidente dell'Associazione Internazionale dei Bioeticisti Cattolici (Canada);
Prof. Daniel SULMASY, Professore di Bioetica presso la Georgetown University (Stati Uniti d'America); Prof. Fernando SZLAJEN, Rabbino, Direttore del Dipartimento di Cultura ‑ AMIA, Professore della Facoltà di Filosofia e Lettere presso l'Università di Buenos Aires (Argentina);
Prof.ssa Marie‑Jo THIEL, Professoressa di Teologia Cattolica e Direttrice del Centre Européen d'Enseignement et de Recherche en Éthique ‑ CEERE presso l'Università di Strasburgo (Francia);
Rev.do P. Tomi THOMAS, I.M.S., Direttore Generale del Catholic Health Association of India ‑ CHAI (India);
Prof. Angelo VESCOVI, Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo e dell'Istituto di Genetica Umana G. Mendel di Roma (Italia);
Prof. Alberto VILLANI, Direttore della Unità Operativa Complessa di Pediatria Generale e Malattie Infettive presso l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù in Roma, Presidente della Società Italiana di Pediatria (Italia);
Prof. Shinya YAMANAKA, Direttore e Professore del Centro di Ricerca e Applicazione delle cellule staminali presso l'Università di Kyoto, Premio Nobel per la Medicina 2012 (Giappone);
Prof. René ZAMORA MARÍN, Direttore e Professore del Centro di Bioetica Juan Pablo II (Cuba).

Papa Francesco ha infine nominato membri ad honorem della Pontificia Accademia per la Vita:
Em.mo Sig. Card. Carlo CAFFARRA, Arcivescovo emerito di Bologna, già Preside del Pontificio Istituto "Giovanni Paolo II" per Studi su Matrimonio e Famiglia (Italia);
Ecc.mo Mons. Ignacio CARRASCO DE PAULA, Vescovo tit. di Tapso, Presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita (Spagna);
Sig.ra Birthe LEJEUNE, Vice Presidente della Fondazione Jérôme Lejeune di Parigi (Francia), moglie del primo Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, il Servo di Dio Jérôme Lejeune;
Em.mo Sig. Card. Elio SGRECCIA, Presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita (Città del Vaticano), Presidente della Federazione Internazionale dei Centri ed Istituti di Bioetica di Ispirazione Personalistica, Presidente della Fondazione Ut vitam Habeant;
Sig. Juan de Dios VIAL CORREA, Presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita e Rettore Magnifico emerito della Pontificia Università Cattolica di Santiago del Cile (Cile).

ISTITUTI SOCIO-SANITARI

Sanità cattolica: il nuovo presidente dell’Aris, padre Virginio Bebber, camilliano essere “casa trasparente” e “curare con il cuore nelle mani”
22 marzo 2017

Essere una “casa di vetro che guarda oltre le proprie pareti e al cui interno tutti possono guardare, trasparente e in uscita, attenta alle periferie”. Promuovere il lavoro in rete perché nessuno è un’isola. Migliorare ulteriormente la formazione degli operatori e puntare sempre più all’eccellenza. Rendere più visibile la presenza dell’Aris nel tessuto della sanità italiano. Queste le priorità e le linee d’impegno per padre Virginio Bebber, camilliano, da qualche giorno nuovo presidente dell’Associazione religiosa degli istituti socio-sanitari (Aris) che riunisce complessivamente 235 strutture sanitarie cattoliche: 26 tra Irccs; 17 ospedali classificati; 10 presidi Asl; 36 case di cura; 31 residenze sanitarie assistenziali (Rsa) ed ex istituti psichiatrici. A fare la parte del leone sono i centri di riabilitazione: 115. A questi numeri occorre aggiungere la Fondazione Don Gnocchi con i suoi due Irccs e i suoi centri di riabilitazione diffusi sul territorio, e altre realtà che hanno presentato richiesta di adesione.
Padre Bebber è stato eletto lo scorso 14 marzo durante l’Assemblea generale a Roma per il rinnovo delle cariche. Nato a Mezzolombardo, in provincia di Trento, nel 1944 e ordinato sacerdote nel 1970, dopo aver ricoperto numerosi incarichi, è attualmente superiore della comunità della Casa di cura San Camillo di Cremona. Al neopresidente, che resterà in carica per cinque anni, chiediamo su quali punti concentrerà il suo impegno alla guida dell’associazione che dallo scorso settembre ha un nuovo statuto, approvato dal Consiglio episcopale permanente della Cei, in sostituzione del precedente del 1990.
Quali le sfide e le priorità dal punto di vista sanitario?
Anzitutto la crisi economica che ha condotto 11 milioni d’italiani a rinunciare alle cure. Già da diversi anni ho denunciato in Lombardia l’avanzare di una povertà strisciante che spingeva persone, all'atto del pagamento del ticket, ad annullare le visite o le prestazioni prenotate. Molte delle nostre strutture in quella Regione praticano da tempo tariffe agevolate e, per quanto ci riguarda, è questa la direzione da intraprendere o sulla quale proseguire. Credo però che lo Stato dovrebbe rivedere la politica dei ticket, altrimenti il risparmio di oggi rischia di tradursi in aumento delle malattie e della spesa sanitaria nazionale nei prossimi anni.
In che modo la trasformazione dello “statuto” della medicina e le questioni del fine vita vi interpellano dal punto di vista pastorale?
La nostra missione è guardare i pazienti terminali negli occhi, accudirli, accompagnarli con le migliori possibilità offerte dalla medicina, le cure palliative. Rifiutando l’accanimento terapeutico ma mettendoli in condizioni di vivere bene gli ultimi istanti di vita. Del resto è in una nostra struttura, la casa delle Ancelle della Carità di Brescia, che a metà degli anni Ottanta è nata la Domus salus, primo hospice in Italia. La morte è un momento di straordinaria intensità umana e cristiana e la pastorale è vicinanza, saper pregare con il malato, dire una parola che conforti, è soprattutto accompagnare con affetto.
La preoccupa il ddl sul testamento biologico in discussione a Montecitorio?
Sì. Le nostre strutture sono e dovranno continuare ad essere per la vita, mai per la morte. La legislazione attuale contempla già oggi l’accompagnamento del fine vita con le cure palliative e la sedazione. Il nodo vero è che andrebbero garantite in modo equo in ogni Regione, senza costringere i pazienti a peregrinare da un luogo all'altro. La questione è molto delicata, ma ribadisco che il medico è per la vita, non per la morte. Occorre lasciargli, in scienza e coscienza, la valutazione e la responsabilità delle decisioni pur nel confronto con il paziente e i suoi familiari. Non si può pensare di prescindere dall'alleanza “medico-paziente”.
Quali le linee operative definite dall'assemblea generale?
Essenzialmente due. Anzitutto spingere i nostri associati a lavorare in rete. A non sentirsi isole perché oggi nessuno può essere autosufficiente, il che non è voler entrare nel merito delle singole gestioni ma condividere. Solo una rete efficiente può dare risposte globali e adeguate alle esigenze odierne. La seconda priorità è puntare sempre più all'eccellenza e migliorare ulteriormente la formazione degli operatori, non solo dal punto di vista tecnico ma nell'approccio umano all'ammalato che, come ricorda il nostro fondatore, “è il nostro signore e padrone”.
Per questo non basta fornire competenze tecnico-scientifiche al massimo livello; occorre mettere tanto cuore nelle mani che curano.
Su quali priorità si concentrerà il suo impegno nei prossimi cinque anni?
Dobbiamo rendere più visibile la presenza dell’Aris nel tessuto sanitario del Paese nel quale occupiamo una posizione non certo di nicchia. Il 98% delle nostre strutture è accreditato e a contratto con il servizio sanitario nazionale o regionale; copriamo quasi l’80% della riabilitazione, sia per i bambini sia per gli anziani. Vogliamo essere interlocutori del ministero della Salute, sentirci attori in questo scenario. È inoltre urgente una maggiore attenzione alle periferie.

COME IL SAMARITANO



A conclusione delle Celebrazioni in occasione della XXV Giornata Mondiale del Malato, presso la Sala Folchi dell Ospedale San Giovanni è stato presentato il libro "Come il Samaritano" curato da Don Carmine Arice con il contributo di diversi "testimoni" del mondo della
sofferenza. Partecipazione numerosissima di studenti delle facoltà di Infermieristica, del personale ospedaliero e volontari. 
S.E.R. Mons. Lorenzo Leuzzi delegato per la Pastorale Universitaria e delegato per l'Assistenza Religiosa negli Ospedali di Roma, ha dato il saluto di benvenuto ai partecipanti e ringraziato l'iniziativa dei cappellani dell'Ospedale a questo evento particolare. Esortando agli studenti partecipanti  «ad essere chiamati a fare un discernimento di tutto ciò che la società vi chiederà e di garantire la responsabilità del operatore sanitario; discernimento di tutto ciò che è sanitario o ideologico. Capaci di promuovere la nuova cultura della vita, essere buoni samaritani nella città, uomini e donne che vogliono il bene delle persone»
A continuazione padre Antonio Marzano camilliano, ha aggiunto e ringraziato la partecipazione degli studenti delle Scuole di Infermieri dell'Ospedale San Giovanni e dell'Istituto Padre Luigi Tezza, risaltando la figura del padre Tezza che dal ottobre 1836 i camilliani prendevano la cappellania dell'Ospedale, essendo già 180 anni di servizio ininterrotto. 
 [ NB  « per provvedere in modo più regolare e più stabile al ramo importantissimo dell'assistente spirituale - Mario Vanti- »]

Monsignor Leuzzi e Don Carmine Arice Direttore dell'Ufficio nazionale per la Pastorale della Sanità curatore del Sussidio "Come il Samaritano"

Sugli scopi indicati da Papa Giovanni Paolo II nell'istituire la Giornata Mondiale del Malato si concentra questo sussidio redatto dall'Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della CEI con la collaborazione di esperti, e questo con un duplice sguardo: il cammino compiuto in questi anni e alcune indicazioni utili all'animazione pastorale delle nostre chiese locali nei contesti attuali. Gli autori dei diversi capitoli sono tutti operatori che vivono ogni giorno il prezioso ministero della consolazione, pur in forme e modalità diverse.

*)ALLA FINE DELLA PAGINA LINK DI RIFERIMENTO SPECIFICI PER LA PASTORALE DELLA SALUTE


PROSSIMI EVENTI


http://www.camilliani.org/wp-content/uploads/2017/02/pdfdefprogramma-medical-humanities.pdf

LINK SPECIFICI A TEMA

Lettera Apostolica in forma di «MOTU PROPRIO» del Sommo Pontefice Francesco con la quale si istituisce il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale

Prefetto del nuovo dicastero, affidato da papa Francesco al cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, già presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace.


Nuovo Statuto Pontificia Accademia per la Vita  

Presidente della Pontificia Accademia per la Vita: S. E. Mons. Vincenzo Paglia

Accademia per la Vita


UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DELLA SALUTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

http://salute.chiesacattolica.it/

Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute

Documentazione

http://www.camilliani.org/category/camillianum/






Commenti