Roma "Villa Sacra Famiglia" Celebrazione Eucaristica nel «54° Anniversario del Pio Transito» del Venerabile Servo di Dio Nicolino D'Onofrio

16 giugno 2018








Corale della Basilica di San Camillo a Roma

Da Villamagna cittadella natia del venerabile Nicolino sono venuti oltre 50 Concittadini per onorare il "Proprio Figlio", guidati dal Reverendo Parroco Don Andrea, e le nipoti Nicoletta e Virginia con i relativi Sposi e Figli e nipoti...

Al termine della Celebrazione Eucaristica l'Ecc.mo Vescovo Paolo Ricciardi saluta calorosamente le Nipoti Virginia e Nicoletta che ha incontrato nella Casa Natia del Venerabile in Villamagna, dove una settimana addietro si è recato «Pellegrino» per conoscere il luogo che lo ha visto nascere e incontrare il fratello Tommaso e la sposa Chiarina.

Nella minuscola stanza dove il venerabile ha chiuso gli occhi nella sera del 12 giugno 1964 il Vescovo Paolo Ricciardi si è fermato in preghiera e meditazione, chiedendo ancora una volta al giovane studente camilliano una speciale assistenza all'inizio del suo "Servizio Pastorale" nel campo della sofferenza della Diocesi di Roma, «Mandato Apostolico» ricevuto da Papa Francesco...




Il Postulatore dei Camilliani, P. Luigi Secchi, che ha curato e seguito il «Processo Canonico di Canonizzazione», presenta al Vescovo Ricciardi la "Positio" edita dalla Congregazione delle Cause dei Santi.









Il Sorriso di Nicola

Omelia nella celebrazione per il 54° anniversario
della nascita al Cielo del Venerabile Nicola D’Onofrio
Roma – Villa Sacra Famiglia – 16 giugno 2018

“Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano”.
Questa messa gliela dovevo, a Nicolino. Anche se io mi sento così distante, per età – avremmo oggi 25 anni di differenza –; così piccolo di fronte alla grandezza e alla bellezza della sua testimonianza di una vita offerta al Signore nella gioia; così inadeguato perché sono l’ultimo qui tra noi ad averne conosciuto la storia. Eppure c’è in me la memoria di averne sentito parlare più di una volta in passato, soprattutto negli anni di formazione, di aver visto sicuramente tante volte la sua foto che sprigiona una gioia non comune.
E così, entrando qualche mese fa in punta di piedi nella sua stanza, e accostandomi alla sua tomba dieci giorni fa a Bucchianico, ho percepito nel suo sorriso contagioso un desiderio di confidenza, un invito a rivelare un segreto; un amico ritrovato. Ora mi piacerebbe, io con voi, sedermi accanto a lui, magari sulle rive del Gave davanti alla grotta di Lourdes o, se me lo concedesse, ai piedi del suo letto di dolore, per imparare, da un fratello maggiore, ad amare. E sentirei la sua flebile voce, i suoi lamenti alternati alle invocazioni e l’invito a noi: “Pregate, pregate…” mentre si apre per lui la Porta del Paradiso, il 12 giugno di 54 anni fa.

“Così è il regno di Dio”: oggi abbiamo due brevi parabole, le uniche in Marco che pongono a tema il Regno.
Nella prima ci sono tre soggetti che vanno visti nel loro intreccio: l’uomo, il seme, la terra. Dell’uomo si coglie un’azione in tre tempi: la semina, un tempo di inattività, la mietitura. Il suo ruolo è essenziale perché dà principio e compimento al ciclo, avviando all’inizio il percorso del seme e evitando alla fine di disperdere il frutto di così lunga attesa.
C’è un seme che con una forza interna straordinaria ha trovato un terreno fecondo nella vita di un bambino: in lui è germogliato, nella terra fertile d’Abruzzo, cresciuto nel contesto di una famiglia di sani valori; ha prodotto poi lo stelo dell’ascolto, la spiga della vocazione, poi il chicco pieno nella spiga segnata dalla sofferenza e infine il frutto maturo in un tempo – secondo le nostre logiche – prematuro.

Dio continua ad agire così: sceglie i piccoli perché solo loro sono capaci di accogliere il piccolo granello di senape che ha bisogno di umiltà e di purezza per schiudersi, aprirsi, crescere.
“Io voglio diventare sacerdote di San Camillo”: questo per lui era accogliere il seme, per essere un giorno accanto ai sofferenti, per infondere amore, sostegno, attenzione, anche a costo della vita. Un desiderio di un bambino. E un desiderio di Dio, che non lo voleva accanto ai sofferenti, ma lo voleva sofferente accanto a tutti.

Dopo 54 anni dalla sua nascita al Cielo possiamo dire che chi si apre al Signore con pazienza, come il contadino, vede che Dio agisce, sempre. Se confidassimo infatti nelle nostre capacità (o nei nostri tempi) saremo falliti in partenza… Occorre invece l’umiltà (ricordando che l’humus è il terreno fertile) senza pretendere di capire tutto e subito, ma confidando in Dio, fidandoci di Lui e affidandoci alla sua potente misericordia. Solo così potremo aspettare, non i nostri tempi, ma quelli di Dio. E desiderare la santità. Infatti “se non ci facciamo santi – ha detto una volta Nicolino – è veramente triste la vita nostra”.

La seconda parabola del vangelo offre un contrasto evidente: il granello di senape, piccolissimo (se ne possono avere a centinaia nel palmo di una mano) diventa un albero enorme, a tal punto che tra i suoi rami gli uccelli vi trovano riparo e ombra.
Questa immagine è segno di una Grazia che va al di là di ciò che noi prevediamo. Ogni volta che si avvia un’opera secondo l’ispirazione di Dio, il frutto che ne dà credibilità è l’apertura agli altri, l’accoglienza, l’estensione. Purtroppo a volte succede il contrario. “Affezionati” al nostro seme e al nostro albero, cacciamo via tutti gli uccelli che crediamo lo rovinino.
Chi sa sorridere come Nicolino non caccia nessuno, anzi. Quel ramoscello di soli 21 anni, preso dalla cima del cedro è stato trapiantato in terra ed è morto, per diventare un cedro magnifico. Lui che ha preferito – come dice san Paolo ai cristiani di Corinto – essere in esilio dal corpo e abitare presso il Signore, è cresciuto in più di 50 anni e tanti, in tante parti del mondo, hanno trovato riparo e ombra tra i suoi rami.
Qual è l’attualità del suo messaggio? In che modo il suo sorriso può servire ancora, in particolare per i giovani di oggi?
L’attualità sta nella sua vita vissuta con una gioia profonda, che dà forza ai momenti di prova, come scrive Papa Francesco nell’ultima esortazione sulla santità: “Ci sono momenti duri, tempi di croce, ma niente può distruggere la gioia soprannaturale, che si adatta e si trasforma, e sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato, al di là di tutto. È una sicurezza interiore, una serenità piena di speranza che offre una soddisfazione spirituale incomprensibile secondo i criteri mondani”.

In questo, Nicola è attuale, come è sempre attuale Teresa di Lisieux, la sua santa preferita. E con lui e con lei sono tanti altri i giovani testimoni di Gioia soprannaturale anche nei tempi di croce. Penso ad esempio a Chiara Corbella, nata al cielo, a 28 anni, il 13 giugno di sei anni fa, giovane romana, sposa, madre, il cui sorriso, simile a quello di Nicola, sta coinvolgendo sempre più giovani e famiglie di ogni parte, desiderosi di testimonianze autentiche di Vangelo.

Da queste due parabole e dalla vita di Nicola ci viene un insegnamento importante: il Regno di Dio richiede la nostra collaborazione, ma è soprattutto iniziativa e dono del Signore. La nostra debole opera, apparentemente piccola di fronte alla complessità dei problemi del mondo, se inserita in quella di Dio non ha paura delle difficoltà. La vittoria del Signore è sicura: il suo amore farà spuntare e farà crescere ogni seme di bene presente sulla terra. Questo ci apre alla fiducia e alla speranza, nonostante i drammi, le ingiustizie, le sofferenze che incontriamo. Il seme del bene germoglia e si sviluppa, perché lo fa maturare l’amore misericordioso di Dio.

Lasciamo agire il Signore, diamo spazio a Lui nella nostra vita. Nicola può ancora gridare ai giovani: Se cercate il grande amore della vita, fidatevi di Dio e vi mostrerà l’Amore più grande.
Eccomi, eccoci, Nicola, cedro magnifico, alla cui ombra ci ritroviamo. Il tuo sguardo è ancor più luminoso e la tua voce, unita a quella della piccola Teresa canta: “Il mio Cielo è sorridere al Dio che adoro e, se vuol celarsi provando la mia fede, soffrire in attesa che mi guardi ancora: ecco il mio Cielo!”
Da questo Cielo dove ti trovi, Nicola, continua a sorriderci e a riempirci di Dio.

Fonte: http://www.diocesidiroma.it/sanitaria/omelia-per-la-celebrazione-eucaristica-a-conclusione-del-54-anniversario-dalla-nascita-al-cielo-di-nicola-donofrio/




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