«Chi accoglie voi accoglie me» Commento al Vangelo del 2 luglio 2017, XIII domenica del T.O.

Accoglienza. La trama che lega la prima lettura e la pericope evangelica di questa domenica è proprio la dimensione dell’accoglienza. Nel secondo libro dei Re dal quale è presa la prima lettura si racconta di una famiglia che accoglie nella sua casa il profeta Eliseo. Un’accoglienza fatta di generosità, di amore, di condivisione. Tutto questo si esprime nell'invito che la donna di famiglia ogni volta e con insistenza rivolge al profeta perché condivida il momento del pasto. Il ritrovarsi a tavola per questa donna e per il suo marito deve essere certamente un momento di grande importanza, di dialogo e di confronto, di incontro e di condivisione dello stesso pane. Invitare Eliseo a tavola con insistenza, così come ci racconta il testo della prima lettura, significava poi dare anche un senso spirituale a quel momento, avendo riconosciuto in Eliseo un uomo di Dio, un santo. L’averlo tra loro significava riconoscere la presenza di un Dio che è con loro, di un Dio che cammina con l’uomo, di un Dio che condivide ogni attimo della vita dell’uomo. 
Nella pagina del Vangelo di Matteo Gesù ribadisce l’importanza dell’accogliere. Così infatti si esprime: «Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa». L’accoglienza non è fine a se stessa. L’accoglienza genera la vita. Sempre nella prima lettura leggiamo che Eliseo assicura la donna che pur non avendo potuto avere un figlio, presto sperimenterà la gioia di cullare tra le sue braccia un bambino. Parimenti Gesù nel Vangelo assicura che chi sarà stato capace di accogliere non perderà la sua ricompensa. 
Accogliere è aprirsi al dono della vita. Infatti il primo atto di accoglienza, il più solenne per la vita umana, è proprio quello del dono di una nuova vita, di una nuova creatura. Una famiglia, un uomo e una donna che si amano e sperimentano la condivisione, e si accolgono a vicenda, non possono non vivere la gioia di abbracciare un bambino, una nuova vita. La ricompensa di cui parla Gesù nel Vangelo è proprio questa, la vita piena, una vita rinnovata, una vita ricreata. Riflettendo sull'importanza dell’accoglienza generante, o dell’accoglienza vitale, non possiamo oggi non riflettere sull'acceso dibattito politico nel nostro panorama italiano in tema di accoglienza. Il riferimento è allo ius soli. Non è solo un problema di cittadinanza, quanto di accoglienza. La nostra Italia, la nostra Europa, è realmente “invasa” da continui e provocati flussi migratori. Tali flussi per quanto drammatici siano, in realtà lo sono, possono generare condizioni per reinventare un nuovo stile di vita fondato sull'accoglienza e sul rispetto, sulla condivisione e sul confronto, sulla diversità ma anche su ciò che unisce ogni uomo, indipendentemente dal suo colore e dalla sua religione. Anzi, per quanto riguarda la religione, questa può essere invece un anello di congiunzione per stabilire rapporti veri, fraterni, equi. Il dibattito sull'accoglienza non può essere semplicemente politicizzato, non è una questione di parte, legato al colore della bandiera, ma è intrinsecamente connesso alla dimensione umana. L’uomo è fatto per accogliere e per generare vita. Ogni chiusura è preludio alla morte. Se chi avrà accolto riceverà la sua ricompensa generante, chi non avrà accolto riceverà certamente anch'egli una ricompensa, ma di morte. Ogni chiusura genera morte. Ogni apertura, ogni accoglienza genera vita. 
Padre Onofrio Antonio Farinola
sacerdote cappuccino

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