IL DONO DELLE LACRIME Commento al Vangelo del 20 marzo 2016, domenica delle Palme

Uscito fuori pianse amaramente”. La riflessione per questa particolare domenica, la domenica dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, prende spunto dall'atteggiamento di Pietro. A suggerirlo è anche il contesto attuale della Chiesa, che sta vivendo l’intenso anno del Giubileo Straordinario della Misericordia. Pietro piange per essersi accorto di aver tradito Gesù, di essere venuto meno alla fiducia che gli era stato accordato. Ed è un pianto amaro, un pianto pesante, che lo prostra nella sofferenza. Ma quelle lacrime purificano la sua coscienza, il suo cuore immerso nella notte del peccato. Quel pianto lo lava dalle colpe. Per piangere Pietro dovette uscire fuori, si appartò. Quello di Pietro non è un pianto plateale, da teatro. Quel pianto in solitudine e lontano dagli altri gli permette di vivere ancora più intensamente il suo rapporto con il Signore. Il pianto dell’Apostolo fuori e lontano dagli altri è una preghiera. Piangendo, Pietro prega. Come la preghiera di Davide, quando anche lui, dopo averla fatta grossa, pianse e pregò: “Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; nella tua grande bontà cancella il mio peccato. Lavami da tutte le mie colpe, mondami dal mio peccato. Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto” (Salmo 50). 
Papa Francesco ci invita a riflettere: «Il pianto è nelle nostre preghiere?». E ancora: «Ci farà bene a tutti chiedere il dono delle lacrime, così da rendere la nostra preghiera e il nostro cammino di conversione sempre più autentici e senza ipocrisia». In questa domenica, mentre accompagniamo il nostro Signore, pur tra i rami agitati dalla gioia, dovremmo alternare gioia e pianto. Gioia festante dell'accoglienza, pianto amaro del peccato. Gioia perché il Signore entra nelle nostre città, nelle nostre case, dentro di noi, pianto perché ci riconosciamo realmente peccatori nei suoi confronti, indegni di riceverlo, traditori della sua fiducia. Il pianto nella preghiera esprime tutto il coinvolgimento della propria persona. Non dobbiamo aver vergogna di piangere nella preghiera, soprattutto quando prendiamo realmente atto delle nostre fragilità, delle nostre miserie umane, del nostro peccato. Non dobbiamo vergognarci perché siamo certi che Dio ci perdona, ci ama. Il nostro pianto infatti dice che siamo realmente pentiti, siamo consapevoli dei nostri atti che degenerano il nostro spirito e incrinano la nostra spiritualità cristiana. Ma è proprio quella consapevolezza che apre la strada al perdono di Dio; è quel pianto amaro, fatto nel silenzio della solitudine, che ci fa intravedere la luce della misericordia del Padre; sono quelle lacrime che rigano i nostri volti e i nostri cuori che spalancano le porte del cuore di Dio da dove fuoriesce lo splendore della luce del suo amore senza confini. 
«Il Signore non si stanca mai di avere misericordia di noi, e vuole offrirci ancora una volta il suo perdono, tutti ne abbiamo bisogno, invitandoci a tornare a Lui con un cuore nuovo, purificato dal male, purificato dalle lacrime, per prendere parte alla sua gioia» (Papa Francesco). Il pianto sincero per i propri peccati è il sentiero che ci porta ad incontrare la misericordia del Padre. 
Onofrio Antonio Farinola
Sacerdote Cappuccino.

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