A
Roma
Nel
1869 la legge civile italiana imponeva l’obbligo della leva militare anche ai
religiosi. Nel noviziato di Verona si sentiva la necessità di salvare i
chierici da quest’obbligo. P. Tezza, dopo averne parlato col Superiore
generale, li accompagnò a Roma, presero alloggio presso la sede del noviziato a
S. Vincenzo e Anastasio e a lui fu
subito affidata la direzione della comunità. Poco tempo dopo pensò di
ritornare a Verona, ma non poté; infatti, con dispensa pontificia, a motivo
della giovane età, i Superiori lo nominarono Vice-maestro dei novizi ricevendo
così il delicato compito di formare insieme i chierici veronesi e romani
secondo il punto fermo adottato dalla scuola veneta: la vita comune perfetta.
In un primo momento P. Tezza si trovò a lottare con se stesso. Due anni prima
gli era stato chiesto di reprimere l’aspirazione missionaria, ora di staccarsi
dalla sua amata dimora di S. Giuliano. Ma lui non sapeva trovare altro riposo
allo spirito che nella totale obbedienza a quanto gli veniva chiesto di fare,
perché solo così era certo di compiere la divina volontà. Si dedicò con alto
senso di responsabilità e con unanimi riconoscimenti alla formazione non
celando a se stesso le proprie difficoltà. Confidò a p. Artini: «Sono in uno
stato di sacrificio riguardo alle mie inclinazioni, ma va benissimo così e ne
sono appieno contento, tutto è bene quello che Dio vuole». Oltre alla
formazione dei giovani, il p. Tezza si preoccupava anche della cura degli
infermi, di vari confratelli e dei malati della parrocchia, per i quali faceva
veglie notturne.
Nel 1870, anno della Breccia di
Porta Pia e della caduta di Roma nelle mani dei Piemontesi, p. Tezza si trovava
a ripetere l’esperienza di S. Giuliano: l’incameramento dei beni ecclesiastici
e la soppressione delle corporazioni religiose venne esteso anche alla città di
Roma. I Camilliani si recarono a curare i feriti sul luogo dello scontro tra i
soldati italiani e gli zuavi; nell’occasione assunsero la responsabilità della
sezione di S. Giovanni.
Passato anche questo periodo, P.
Tezza sperava di potersi recare a Verona per l’autunno, ma Dio tesseva
diversamente il decorso dei mesi successivi. Lo attendeva un’obbedienza
imprevista, che certamente gli costerà, ma che saprà accogliere con fede
esemplare e, in definitiva, con gioia.
segue...
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