Il silenzio: maestro della vita consacrata

Il silenzio:
maestro della vita consacrata       
Educarsi alla vita interiore
Silenzio per dare a Dio il primo posto
In una civiltà come la nostra, spesso chiamata "civiltà della comunicazione", ma che di fatto rischia di diventare una "babele", una società della confusione, non è facile creare spazi di silenzio. Si vive immersi nell'inflazione della parola, e quando le parole si moltiplicano, diventano facilmente superficiali; e rendono pure incapaci di ascolto.
Il silenzio può fare paura, eppure è un compagno discreto a cui attingere per trovare le risposte che spesso cerchiamo negli avvenimenti della vita.
È necessario il silenzio perché il lavoro diventi missione, le preoccupazioni e le difficoltà diventino paziente attesa, la fatica diventi passione. Ogni costruzione umana significativa ha bisogno di tempo e di silenzio. Il silenzio permette di recuperare noi stessi e di crescere in umanità. È bello il silenzio quando lo si vive come spazio abitato. Il silenzio infatti porta alla scoperta della presenza di Dio in noi, mette le basi della preghiera: «Può pregare con sincerità - insegnava Gandhi - solo colui che è convinto di avere Dio dentro di sé». Il silenzio educa e rafforza nella vigilanza, che è attenzione al vissuto fin nei dettagli, capaci di rivelare la novità che si nasconde persino nella monotonia, nel quotidiano mai banale anche se spesso è banalizzato dalla poca attenzione e da una diffusa superficialità.
«Nel silenzio è insito un meraviglioso potere di osservazione, di chiarificazione, di concentrazione sulle cose essenziali» (D. Bonhoeffer).
In una sua preghiera, Etty Hillesum scrive: «Tutto avviene secondo un ritmo più profondo … che si dovrebbe insegnare ad ascoltare: è la cosa più importante che si può imparare in questa vita. Il silenzio può così essere strada che conduce alla profondità. Ecco perché le grandi donne e i grandi uomini dello spirito hanno amato e vissuto il silenzio» 1.

Silenzio, ascolto, preghiera

Una donna del nostro tempo, che ama e vive il silenzio, è madre Anna Maria Canopi, abbadessa e fondatrice dell'abbazia Mater Ecclesiæ sull'isola San Giulio (Orta, Novara). Il suo ottantesimo compleanno è stato un'occasione per la sua comunità per raccogliere in un libro , parte delle sue tante riflessioni donate alle numerose persone approdate al monastero, col desiderio di ascoltare "una parola", di ritrovare il silenzio, e con il silenzio se stessi. «Ogni persona che giunge all'abbazia, si trova accolta, tenuta per mano, ascoltata nella sua unicità da un cuore capace di quell'amore gratuito e personale che può nascere soltanto da lunghe ore di silenzio, di adorazione e di preghiera. Solo chi sa essere discepolo del Signore può infatti diventare evangelicamente maestro, nel suo divenire trasparenza dell'unico Maestro».
È un cammino graduale e paziente di educazione della mente e del cuore, è espressione della bontà del cuore, è dono. Il silenzio è anche frutto di quell'esercizio ascetico che permette di dominare la propria istintività e rende capaci di tacere e parlare al momento opportuno e in modo giusto.

«Per educarci al silenzio - scrive la Canopi - è necessario cominciare a tacere, a disciplinare la lingua, ma non basta, perché fare silenzio non è soltanto non parlare. Dobbiamo riempirci del silenzio che coincide con il Verbo di Dio, Verbo silente, e poi parlare attingendo da quella sorgente; allora le parole sono calme, sono essenziali, sono buone, sono vere, sono belle, sono creatrici. Le parole che scaturiscono dal silenzio, cioè da Dio, partecipano della stessa creatività di Dio, sono feconde di vita» .
La vita interiore richiede l'uso della ragione e della volontà, ha bisogno di discernimento e di azione, tuttavia al centro dello spirito sta qualcosa di semplice e radicale da cui dipende l'educabilità vera ed efficace del cuore: silenzio, ascolto, preghiera. Non sono solo atti tipici della vita religiosa e monastica, ma primi e fondamentali passi dell'esperienza umana come tale. Per parlare con libertà e coscienza, bisogna sapersi educare al silenzio, inteso come una predisposizione all'ascolto profondo di se stessi, del prossimo e di Dio.
Dietrich Bonhoeffer così esprimeva le motivazioni del silenzio raccomandato a ogni cristiano che voglia crescere nella vita spirituale: «Facciamo silenzio prima di ascoltare la Parola, perché i nostri pensieri sono già rivolti verso la Parola. Facciamo silenzio dopo l'ascolto della Parola, perché questa ci parla ancora, vive e dimora in noi. Facciamo silenzio la mattina presto, perché Dio deve avere la prima Parola, e facciamo silenzio prima di coricarci perché l'ultima Parola appartiene a Dio. Facciamo silenzio solo per amore della Parola» . E Ildegarda di Bingen diceva: «Dio ci dà volentieri appuntamento nella casa del silenzio». segue...


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